A Gaza la peggiore crisi umanitaria dal ’67

Già prima del gravissimo attentato a Gerusalemme tensione e scontri tra israeliani e palestinesi non erano mancati, nella consueta zona di confine tra Striscia di Gaza e territorio israeliano. In mattinata i miliziani palestinesi hanno fatto esplodere una bomba al passaggio di una jeep con quattro soldati di Tsahal, in perlustrazione al confine: un militare è morto e gli altri tre sono rimasti feriti, uno in modo serio. Un portavoce della Jihad islamica ha rivendicato l’attentato. Un raid israeliano sulla Striscia ha invece ucciso in serata quattro miliziani delle Brigate di al-Quds, braccio armato della Jihad. E per tutta la giornata sono continuati i lanci di razzi Qassam sulla città israeliana di Sderot, sono state colpite tre abitazioni e, in un caso, quattro persone sono rimaste leggermente ferite.
Ieri stesso il Consiglio dell’Onu sui diritti umani ha preso posizione sull’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza dei giorni scorsi (che ha fatto oltre 100 vittime), approvando una risoluzione che la condanna. Il testo chiede anche «l’immediata cessazione di tutti gli attacchi israeliani e del lancio di razzi contro Israele». Il documento, proposto dal Pakistan a nome dell’Organizzazione della conferenza islamica, è stato approvato con 47 voti a favore, 13 astensioni (tra cui quella dell’Italia e degli altri Paesi Ue) e un voto contrario, quello del Canada.
Intanto otto organizzazioni non governative britanniche, tra cui Amnesty International Gb e Oxfam, hanno lanciato un allarme umanitario. «La situazione di un milione e mezzo di palestinesi nella Striscia di Gaza – si legge nel rapporto diffuso ieri – è la peggiore dal 1967», anno in cui iniziò l’occupazione israeliana: l’80% della popolazione di Gaza dipende, secondo le Ong britanniche, dagli aiuti alimentari, mentre la disoccupazione è salita al 40%; la rete idrica e quella fognaria, inoltre, sono sull’orlo del collasso e negli ospedali manca l’energia elettrica anche per 12 ore al giorno. Gerusalemme ha respinto seccamente ogni accusa, affermando che l’ingresso di medicinali e aiuti non è stato mai impedito, né sono state ridotte le forniture di energia elettrica e di carburante: l’unica responsabilità per il deterioramento della situazione – è la conclusione – va attribuita ad Hamas.

Con l’occasione vi diamo una comunicazione di servizio. La puntata di domani è dedicata proprio alla questione palestinese, ed in particolare agli ultimi accadimenti. Per problemi tecnici non sarà possibile registrarla, quindi non potremo inserirla nel blog. Per chi fosse interessato l’unica soluzione è collegarsi in streaming da qui durante la diretta domani, sabato 8 marzo, dalle 1400 alle 1500. Sorry

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Messico antagonista

Per il popolo dei vacanzieri d.o.c. la notizia non desterà molto scalpore, ma per altr* la questione potrebbe essere più interessante. In un villaggio del Chiapas, nei pressi delle cascate di Agua, i locali vengono allontanati per salvaguardare quel paradiso per avvenenti viaggiatori. E’ la solita storia da parte del governo centrale che pur di salvaguardare i propri interessi economici abusa dei diritti della gente, fa passare in secondo piano la volontà dei popoli di quei luoghi con violenze e maltrattamenti. La notizia fa tanto scalpore che è in atto un’iniziativa di boicottaggio internazionale. In ogni caso quella terra non si arrende facilmente, non è un luogo di rassegnazione ma vive grazie alla r-esistenza e grazie alla volontà di quei popoli. Prendiamo l’occasione per ripercorrere degli episodi importanti per le terre del Chiapas, esperienze che hanno lasciato la loro testimonianza per costruire un progetto di vita lontano dai soprusi e dalle violenze del più forte, dalle EZNL alle tragiche giornate degli scontri di Oxaca: la libertà di gridare che un altro mondo è possibile. 

Messa in onda: 1 marzo 2008

Colonna Sonora: SKA-P/ Planeta Eskoria

Scarca la trasmissione da qui

Link: www.aitr.org

 

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Gaza, Anp: sì ai negoziati con Israele

 
È ripartita per l’America contenta, il segretario di Stato Condoleezza
Rice. In due giorni – una toccata e fuga in Egitto e a Ramallah – è
riuscita ad ottenere ciò che voleva: che nonostante tutto, nonostante i
125 morti nella Striscia di Gaza ad opera dell’esercito israeliano, non
si interrrompa la "road map" iniziata ad Annapolis. Cioè che Abu Mazen
torni al tavolo del negoziato con israeliani e americani, già dalla
prossima settimana.

I negoziati – che per altro finora erano
completamente in stallo – si erano interrotti domenica in seguito
all’invasione di Gaza e al lancio dell’operazione militare "Inverno
caldo". E Abu Mazen chiedeva per riaprire il canale di comunicazione
almeno una tregua nei raid sulla Striscia. Tregua che il premier di
terl Aviv Olmer non ha nessuna intenzione di concedere in modo
negoziale. Neanche quella.

La Rice però è riuscita a
sparigliare le carte. Ha addossato la responsabilità della carneficina
di palestinesi al movimento Hamas e alla prosecusione del lancio dei
razzi Qassam contro il territorio israeliano. È riuscita così a
spostare l’attenzione dalla condanna del segretario generale delle
Nazioni Unite Ban Ki Moon che aveva parlato di «uso sproporzionato
della forza». Ha quindi ottenuto il consenso egiziano parlando
direttamente con il generale Suleiman, negoziatore del passato governo
di unità nazionale. E si dice anche scongelando i 100 milioni di
dollari in aiuti destinati all’Egitto che erano stati bloccati dal
Congresso per stimolare Il Cairo a fare di più per metter fine al
contrabbando di armi verso la Striscia di Gaza. Quindi dalla Casa
Bianca Bush ha convinto re Abdullah II di Giordania ad appoggiare la
ripresa dei colloqui. Tanto lo ha convinto che il sovrano wahabita si è
sbilanciato a dirsi ottimista che l’accordo di pace tra israeliani e
palestinesi possa essere siglato entro la fine del 2008, cioè in tempo
per essere annoverato tra i successi dell’amministrazione Bush.

Oltre
a queste abili mosse di "bastone e carota" della Rice, ci ha pensato
l’intelligence americana a piazzare uno scoop affidato al settimanale
patinato Vanity Fair: la velina con i costi di un accordo tra i servizi
palestinesi fedeli a Fatah, capitanati da Mohammed Dahlan e
l’amministrazione Bush per fare la guerra ad Hamas. Costo
dell’operazione miliardo e 270 milioni di dollari. In questo modo il
germe della zizzania ha impedito un riavvicinamento tra Fatah e Hamas
sull’assedio di Gaza.

Puntuale, il giorno dopo lo scoop e
con la Rice in via di ritorno, Abu Mazen ha accettato di riannodare le
fila del negoziato con Israele. Il presidente dell’Anp che domenica si
era fatto ritrarre mentre donava il sangue per i feriti di Gaza, ha
detto mercoledì di essere disponibile a riprendere i colloqui. Lo ha
annunciato il suo portavoce Nabil Abou Rudeina senza precisare se la
condizione della tregua rimane o no. Ma la Rice ha già annunciato che
il prossimo incontro della commissione a tre – Israele, Anp e Usa –
dovrebbe essere stata già convocato la settimana prossima, forse
giovedì.

Naturalmente Dahalan ha smentito di aver ricevuto
finanziamenti dagli Usa per abbattere il governo di Hamas. Ma la
smentita non ha impedito ad Hamas di denunciare la debolezza di Abu
Mazen, dipinto come un burattino di cui Stati Uniti e Israele tirano i
fili per raggiungere i propri obiettivi sulla pelle del popolo
palestinese.

Dalle carceri israeliane il ministro palestinese
per gli Affari dei prigionieri Ashraf al-Agrami, di Hamas, ha
sollecitato l’Unione europea ad esercitare serie pressioni economiche
sullo Stato ebraico affinché rispetti i diritti umani dei palestinesi,
specie per quanto riguarda i prigionieri, il cui numero secondo lui
supera i 10 mila. Il ministro di Hamas ha poi espresso stupore per la
distinzione operata dalla comunità internazionale fra la situazione dei
diritti umani nei Territori occupati da Israele e quella nel resto nel
mondo, chiedendo di smettere di trattare Israele come uno Stato al di
sopra della legge internazionale.

Giovedì a Ginevra sulla
questione di Gaza si riunirà il Consiglio per i diritti umani delle
Nazioni Unite, riunito in sessione plenaria. Intanto però non c’è stato
neanche un pronunciamento della Lega Araba, tutta impegnata nelle
trattative per il vertice di Damasco che dovrebbe essere a fine mese.
 

 

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Raid a Gaza, scontri con Hamas

Uccisa una bimba palestinese di un mese

Ancora
un raid israeliano nella Striscia di Gaza. Le truppe di Tel Aviv sono
entrate via terra e sono state attaccate dai miliziani di Hamas che non
sarebbero stati sorpresa dal raid. Una bimba palestinese di un mese è
rimasta uccisa invece nel corso dell’attacco vicino a Dir El Balah,
mentre gli israeliani tentavano di catturare un comandante della Jihad
Islamica.  Intanto George Bush, si dice "ottimista" sulla possibilità
della pace. 

Per le strade di Gaza torna il rumore
terribile delle raffiche dei Kalashnikov. I cingolati palestinesi sono
rientrati nella zona attorno alla città e poi superato i suoi confini
provocando un coprifuoco senza che sia stato ordinato dalle autorità.
Subito sono scattate le sparatorie tra i soldati con la stella di David
e i miliziani di Hamas che controllano militarmente la città e le zone
vicine. Secondo testimoni palestinesi e la versione fornita da Hamas,
l’esercito israeliano starebbe stato pesantemente colpito dai mortai
palestinesi.

Anche in questo caso la guerra non dichiarata ma reale che si sta
consumando per le strade di Gaza difficilmente risparmierà i più
deboli. La popolazione è allo stremo delle forze. I continui raid
dell’esercito israeliano hanno trasformato le strade della città in
atmosfere spettrali, dove è difficile, se non impossibile, reperire i
generi di prima necessità per far fronte ai bisogni quotidiani. E se
Israele reagirà con ancora più durezza all’attacco appena subito, dove
per il momento non si parla di morti, il numero delle vittime potrebbe
salire in modo esponenziale. Fino ad oggi si contano 120 morti tra i
palestinesi, la maggior parte civili, molte donne, molti i bambini.

Ma Bush è ottimista
A George W. Bush preme
lasciare la Casa Bianca con il risultato storico di un accordo di pace
in Medioriente. Il presidente americano è convinto che la strada aperta
ad Annapolis possa concludersi con un’intesa entro la fine del mandato.
Scartando il quadro destabilizzato dalle battaglie degli ultimi giorni
nella regione, Bush, al termine di un incontro a Washington con il re
giordano Abdullah, si e’ detto "ottimista…dieci mesi sono un tempo
lungo, sufficiente a raggiungere un accordo".

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Gaza: Israele inizia ritiro truppe

 

(ANSA) – GAZA, 3 MAR – Le truppe di terra ed i carri armati
israeliani hanno cominciato a ritirarsi dalla Striscia di
Gaza.Un portavoce dell’esercito israeliano ha annunciato che
le operazioni militari a Gaza sono in via di conclusione.
L’aviazione israeliana aveva effettuato ieri sera tre nuovi
raid aerei contro la Striscia di Gaza, colpendo prima un
campo profughi nel nord, dove sono morti cinque attivisti di
Hamas e poi due officine metallurgiche.
 
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A Gaza si continua a morire

 

Nella striscia
di Gaza
si continua a
morire dietro l’indifferenza totale dei media nazionali. Qualche
trafiletto nelle pagine degli esteri, trenta secondi nell’edizione
notturna del telegiornale e il nostro perbenismo occidentale ha fatto
la sua parte, intanto Israele promette ancora
più violenza
.
Sicuramente la "singolar tenzone" tra i due candidati
premier, con la Sinistra Arcobaleno che cerca di crearsi il suo posto
al caldo, hanno focalizzato l’attenzione del popolo italiano, in una
settimana dove il Festival (du palle) di Sanremo cerca di far sentire
la sua voce. E allora cosa ci importa se innocenti, bambini, anziani
muoiono
di fame o senza energia elettrica

in un paese (forse) di terroristi come quello palestinese? Corriamo a
comprarci il cd del Festival!

 

Gaza, Raid Israele: 41 palestinesi, 2 israeliani morti

1 marzo 2008 GAZA (Reuters) – Le forze israeliane hanno ucciso oggi 41
palestinesi, nella più cruenta serie di incursioni nella Striscia di
Gaza dal 2005, che mette a rischio i colloqui di pace. Negli
scontri sono morti anche due soldati israeliani mentre altri sette sono
rimasti feriti, secondo quanto riferito dall’esercito. Nei
quattro giorni in cui Israele ha condotto raid aerei nella Striscia di
Gaza, sono morti almeno 76 palestinesi. Le incursioni via cielo di
Israele sono state lanciate dopo l’uccisione di un israeliano avvenuta
mercoledì scorso nella città di Sderot.

Secondo quanto riferito
dall’esercito israeliano, oltre 48 razzi e colpi di mortaio sono stati
lanciati oggi nella parte meridionale di Israele, tra cui i missili
russi Grad molto più potenti dei Qassam prodotti in loc.Funzionari palestinesi hanno detto che il bilancio delle vittime morte oggi a Gaza è il più alto, in un solo giorno, dal 2002. Gli Stati Uniti hanno sollecitato Israele a "considerare le
conseguenze" di qualunque azione in vista della visita del segretario
di Stato Usa Condoleezza Rice, la prossima settimana. Ulteriori
episodi di violenza potrebbero far svanire le speranze di un accordo di
pace prima del prossimo gennaio, quando terminerà l’incarico del
presidente Usa George W. Bush.

Nei raid di oggi sono rimasti
uccisi 41 palestinesi tra cui 23 civili e il resto militanti, secondo
quanto riferito dal personale medico e dal movimento fondamentalista
islamico di Hamas, che ha preso il controllo della Striscia di Gaza lo
scorso giugno cacciando le forze del presidente palestinese Mahmoud
Abbas. Una delle vittime civili era una donna uccisa da un razzo
mentre stava preparando la colazione per i suoi bambini, secondo quanto
riferito da personale sanitario. Alcuni testimoni sostengono che
lo scontro più serio nelle ultime settimane è stato quello di oggi tra
uomini armati palestinesi e soldati israeliani che si sono avvalsi
anche di elicotteri.

 

VideoApprofondimentoAggiornamento

E’ davvero finita?

 

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La dittatura in Portogallo

Spesso si discute sui "fascismi" che hanno caratterizzato la storia recente dell’Europa Occidentale, ma difficilmente si sente parlare di Portogallo, territorio che è riuscito a liberarsi dal gioco del suo dittatore solamente nel 1974. Lunghi decenni di soprusi, dittatura, regime illiberale. Ma perchè questa dittatura riuscì a durare così a lungo senza praticamente venire "toccata" dalla società organizzata occidentale?  Le cause sono forse da cercare nel carattere stesso del regime instaurato da Salazar, un sistema basato sulla religione cattolica in primo piano, e sulla persona stessa del dittatore. Anche i partiti che lo appoggiarono, sia per arrivare al potere che successivamente, si videro praticamente esclusi dal potere, rimanendo come un’ombra del regime.

Per approfondire, ma anche per presentare il volume "Sonno Elefante" edito da BeccoGiallo, abbiamo intervistato l’autore Giorgio Frattini.

 

Messa in onda: 23 febbraio 2008

 

Colonna sonora: Betagarri/Arnasa hartu

 

Scarica la trasmissione da qui 

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Milano e Roma, due indagini sul neofascismo

Di seguito due articoli usciti il 23 febbraio su Repubblica. Parlano del propagarsi della piaga neofascista nella capitale politica e in quella economica d’Italia: moda, ultrà, scuole e qualcosa di preoccupante dietro le parole.

Milano, palestra e birreria e la voglia di essere contro 

Fianco a fianco naziskin e picchiatori da curva, uniti da ideali e proselitismo
La fotografia scattata dall’Osservatorio democratico e i riscontri della magistratura
Milano, palestra e birreria e la voglia di essere contro

di PAOLO BERIZZI

Milano, palestra e birreria la voglia di essere contro

 
MILANO – Franco la felpa col marchio calci&pugni la porta al
contrario con le maniche tirate su. Dice che così – con la scritta
sulle spalle – “fa brutto”, che tradotto dallo slang dei giovani
milanesi sarebbe “mette paura”. Franco ha il cuore molto nero e tifa
molto Inter, curva Nord fisso, “se c’è da menare non mi tiro indietro”.
Il suo liquido preferito è la birra scura della Guinness di Dublino.
Ultimo libro letto: “Io, l’uomo nero” di Pierluigi Concutelli. “Un
grande – si fa serio – l’ho visto l’altra sera in tivù. Coerenza e
dignità sempre, perché se hai ucciso mica puoi fare l’abbaione”
(parlare a vanvera).

Quelli
come Franco hanno 25 anni e tanta voglia di fascismo. Lavorano (lui fa
il marmista) o studiano Legge fa lo stesso: intanto hanno già deciso
che la vita colorata di bruno intenso è più bella. Stanno arroccati nei
vecchi e nuovi fortini del Nord opulento. Si incontrano nelle sezioni
di Forza Nuova e Fiamma, nelle curve di San Siro e all’università.
Allenano muscoli e ugole nelle palestre di pugilato e nelle birrerie.
Si fanno contagiare, per volontà ideale o per osmosi, dal battito del
“Cuore nero”. Che non è solo il primo centro sociale milanese di
estrema destra. È un progetto strutturato. Il tentativo dell’estremismo
nostalgico di risollevare la testa dopo anni di silenzi e inchieste che
ne avevano accorciato il passo.

Vai
a dare un’occhiata su YouTube… ”, mi suggerisce Franco come fosse
un’avvertenza per l’uso. I link da caricare, quelli a cui tiene di più,
sono: “Manifestazione ultras Inter per Gabriele Sandri” (12 novembre
2007) e “Prodi contestato in Cattolica” (18 gennaio 2007, con fischi,
saluti romani e croci celtiche). “Se guardi bene mi vedi, là, in mezzo
al casino”. Quel 18 gennaio 2007 è una data di nascita: Cuib,
Cattolica. Letteralmente “Comitato universitario iniziative di base”.
Meno letteralmente, e tolta la vernice, la stessa sigla di uno dei nidi
da cui era sorta la “Guardia di Ferro” filonazista di Cornelius
Codreanu.

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28 anni dalla morte di Valerio Verbano

Roma 22 febbraio 1980

"Siamo amici di suo figlio e
vorremmo parlargli". Il 22 febbraio del 1980 a Roma tre ragazzi armati
e con il volto coperto fanno irruzione in casa Verbano, al quarto piano
di Via Montebianco 114 al quartiere Montesacro. Legano e imbavagliano
il padre e la madre e attendono l’arrivo del loro unico figlio Valerio,
18 anni, attivista di Autonomia Operaia, che in quel momento è ancora a
scuola. Ai genitori dicono che devono solo fare delle domande a
Valerio, vogliono sapere dei nomi. Sono le ore 13 circa.

Passano
50 minuti, durante i quali gli assassini rovistano nella camera da
letto di Valerio, 50 minuti in cui la madre spera che il figlio faccia
un incidente con la vespetta e non rientri a casa. Ma Valerio torna.
Appena apre la porta i genitori sentono i rumori di una colluttazione,
le grida del figlio e uno sparo soffocato. I tre assassini scappano di
corsa per le scale, quasi subito accorrono i vicini che slegano i
genitori e soccorrono Valerio, ma ormai non c’e’ più niente da fare,
l’unico proiettile e’ entrato nella spalla sinistra, dall’alto verso il
basso e ha reciso l’aorta uccidendo il ragazzo. Nella fuga i banditi
lasciano un paio d’occhiali da sole, un bottone, una pistola con
silenziatore e quasi inspiegabilmente un guinzaglio per cani.

L’omicidio
di Valerio Verbano è uno dei grandi enigmi degli anni di piombo. Un
assassinio dalle mille ipotesi rivendicato sia da destra che da
sinistra, che apre squarci improvvisi su anni inquieti  e che rimane
ancora oggi insoluto. “ Molti sono stati i pentiti di destra e di
sinistra che hanno cercato di ricostruire le dinamiche che avvenivano
in quegli anni. Solo alcuni omicidi non hanno trovato una paternità
nonostante le numerose confessioni rese da moltissime persone e tra i
pochissimi quello di Valerio Verbano” (Antonio Capaldo, magistrato).

Le rivendicazioni
Lo
stesso giorno dell’omicidio arrivano due rivendicazioni la prima è di
una formazione di sinistra “Gruppo Proletario Rivoluzionario Armato”
che afferma di aver ucciso Verbano perchè è una spia, un delatore, un
“servo della polizia” anche se dicono “è stato un errore, volevamo solo
gambizzarlo”. Un’ora dopo verso le 21 arriva una seconda rivendicazione
dei “Nuclei Armati Rivoluzionari, avanguardia di fuoco” (NAR), la sigla
di punta dell’estrema destra:

“Abbiamo giustiziato Valerio
Verbano mandante dell’omicidio Cecchetti. Il colpo che l’ha ucciso è un
calibro 38. Abbiamo lasciato nell’appartamento una calibro 7.65. La
polizia l’ha nascosta”. In tarda serata arriva un’altra telefonata del
Movimento Popolare Rivoluzionario, una formazione di destra.

Il
giorno dopo arrivano le smentite la prima è del “Gruppo Proletario
Rivoluzionario Armato” con un volantino, poi quella dei NAR: “Non
avevamo nessun interesse a suscitare una guerra tra movimenti
rivoluzionari”. Un altro volantino recapitato verso mezzogiorno, sempre
dei NAR (“comandi Thor, Balder e Tir”), non parla esplicitamente di
Verbano ma del “martello di Thor che ha colpito a Montesacro”. Dieci
giorni dopo compare un altro volantino a Padova ancora a firma NAR che
smentisce categoricamente qualsiasi coinvolgimento nel delitto Verbano.
Ma per gli inquirenti la rivendicazione più probabile è la prima
telefonata dei NAR, che fa a riferimento al calibro 38. Quando arrivò
quella telefonata infatti non c’era ancora la conferma del medico
legale sul calibro che aveva ucciso Valerio. Come potevano saperlo?

Valerio
Valerio
era figlio unico, si interessava di politica, ma in casa, ricorda la
mamma Carla , non se ne parlava mai. I genitori non erano dunque a
conoscenza del coinvolgimento e del grado d’impegno di Valerio. Il
rapporto in casa era comunque tranquillo Valerio studiava, usciva con
gli amici, aveva la sua fidanzata: un ragazzo normale come tanti.

La
militanza politica di Valerio Verbano comincia nel 1975 al liceo
scientifico Archimede sezione D. Una militanza attiva che non evita lo
scontro fisico e diretto con l’avversario. Valerio va in palestra
pratica il judo e il karate dall’età di otto anni. I suoi interessi
comprendono anche la musica: i Beatles i Pink Floyd e la Roma, la sua
squadra, una vera fissazione. La fotografia è una sua altra grande
passione che metterà presto al servizio del suo impegno politico.

Ma
il 20 aprile 1979 lo arrestano, viene sorpreso in un casolare
abbandonato insieme a quattro amici mentre fabbricano ordigni
incendiari. Le istruzioni sono contenute nel libro Il sangue dei Leoni
edito da Feltrinelli nel 1969, un manuale di guerriglia urbana molto
diffuso all’epoca. Nella perquisizione della sua stanza gli agenti
trovano anche una pistola: una berretta 765 con la matricola limata. I
genitori cascano dalle nuvole quando vedono la pistola. "Le armi
all’epoca giravano, ne giravano parecchie, era facile procurarsele. Era
difficile non accorgersene" ricorda un amico. Valerio sconta sette mesi
a Regina Coeli. Quando entra in carcere ha diciotto anni e due mesi, è
forse il detenuto più giovane di tutto il carcere romano.

Il Dossier di Valerio
Durante
la perquisizione gli agenti trovano infatti anche una grande quantità
di materiale, un archivio con centinaia di foto e nomi di militanti
dell’estrema destra romana. Un lavoro iniziato nel 1977 quando Valerio
aveva soltanto sedici anni. Valerio aveva formato il collettivo
autonomo dell’Archimede, un gruppo che si specializza, ricorda un amico
: “ nella controinformazione, documentavamo, fotografavamo..…eravamo
organizzati come un piccolo servizio segreto, nel nostro piccolo
estremamente efficiente. Ci avvicinavamo a manifestazioni dell’estrema
destra o ai loro luoghi di ritrovo. Scattavamo foto e poi cercavamo
d’identificarli…veniva fatta la raccolta di tutti gli articoli di
giornale che parlavano dell’estrema destra, degli arresti. Avevamo un
archivio fotografico e uno storico con tutti i fatti dell’estrema
destra e degli informatori infiltrati negli ambienti dell’estrema
destra. Tutto finiva in un quaderno in cui venivano catalogate tutte
queste persone…in quel momento c’era la sensazione che ci potesse
essere da un momento all’altro un colpo di stato della destra in
Italia. Quindi ci si doveva preparare a contrastarlo in qualche
maniera. Avevamo l’esempio del Cile, dell’Argentina. I dati servivano
se succedeva qualcosa”.

Dell’esistenza di questo "dossier" è a
conoscenza, e probabilmente lo ha tra le mani, anche un giudice che
indaga sull’eversione nera, Mario Amato. Il giudice Amato morirà per
mano dei NAR il 24 giugno 1980 a Roma in Viale Jonio a pochi passi
dall’abitazione di Valerio Verbano. 

Roma: i quartieri  Montesacro e Trieste
La
Roma di quegli anni è una città dura e violenta dove ogni giorno si
scontrano ragazzi di destra e di sinistra armati e pronti allo scontro.
I quartieri su cui ruota questa storia e anche molte altre di quel
tragico periodo sono due: Montesacro, zona rossa per eccellenza e
Trieste roccaforte dei giovani di destra di Terza Posizione, nel mezzo
quasi a segnare una divisione ideologica e geografica scorre un piccolo
fiume l’Aniene, affluente del grande Tevere.

Ci si accanisce
contro le sezione dei rispettivi partiti di riferimento: PCI e MSI.
Centinaia di azioni intimidatorie da l’una e l’altra parte per il
controllo del territorio, per non permettere al nemico di prevalere.

All’interno
di questi confini dal 1976 al 1983 si consumano ben nove omicidi a
sfondo politico: Vittorio Occorsio magistrato, 45 anni, 10 luglio 1976,
ore 8.15, via Mogadiscio; Stefano Cecchetti, studente, 19 anni, 10
gennaio 1979, ore 19.30, Largo Rovani ; Francesco Cecchin, 17 anni,
studente, 28 maggio 1979, ore 24, Via Montebuono ; Valerio Verbano
studente, 18 anni, 22 febbraio 1980 ore 14.00, via Montebianco; Angelo
Mancia, fattorino, 27 anni, 12 marzo 1980, ore 8, Via Federico Tozzi;
Franco Evangelista, appuntato di Polizia, 37 anni, 28 maggio 1980 ore
8.10, Corso Trieste; Mario Amato, 42 anni, magistrato, 23 giugno 1980,
ore 8.00, Viale Jonio; Luca Perucci, studente, 18 anni, 6 gennaio 1981
ore 17.15, Via Lucrino; Paolo di Nella, studente, 20 anni, 2 febbraio
1983, ore 22.45, Viale Libia.

Le indagini
Gli
inquirenti sembrano partire con il piede giusto. Un vicino di casa ha
visto quei ragazzi, viene costruito un identikit. Afferma anche di aver
visto Valerio parlare proprio a quei ragazzi il giorno prima
dell’omicidio davanti alla sala giochi. Ma questa preziosa
testimonianza verrà poi ritrattata, l’uomo telefona al padre di Valerio
e si scusa: “Mi dispiace, ho un figlio di quindici anni…”, forse è
stato minacciato. Dopo poco tempo comunque cambia casa e se ne va dal
quartiere.

Il padre di Valerio Sardo Verbano, comunque non ha
intenzione di aspettare gli eventi: è un assistente sociale che lavora
per il Ministero degli Interni e pochi mesi dopo la morte del figlio
decide di svolgere delle indagini in proprio. Nasce così una sorta di
memoriale in cui fa tre ipotesi precise sulla morte di suo figlio
Valerio.

La prima ipotesi
Un primo
possibile movente, scrive Sardo, potrebbe essere legato allo scontro
avvenuto il 19 settembre 1978 a Piazza Annibaliano al quartiere Trieste
tra quattro autonomi e un gruppo di Terza Posizione facente parte dei
Nar e della cosiddetta “Legione”. Valerio per difendere un compagno
aggredito ferisce con una coltellata un ragazzo di destra Nanni De
Angelis . Valerio riceve una martellata nel petto. Dopo la
colluttazione tutti fuggono, ma rimane a terra la borsa di tolfa di
Valerio. Secondo Marcello de Angelis, il fratello di Nanni, in quella
borsa non c’era nulla che potesse far risalire al proprietario: solo un
goniometro e una penna. Secondo la madre di Valerio c’erano i documenti
del figlio e così gli aggressori hanno potuto sapere chi era e dove
abitava.

Il padre di Valerio dopo l’assassinio chiede un
incontro con Nanni De Angelis, che accetta, dal dialogo i genitori si
convincono che De Angelis non abbia nulla a che fare con la morte di
Valerio.

La seconda ipotesi
Un altro
movente che ipotizza il padre Sardo è legato a quel dossier che Valerio
stava preparando sui NAR, Terza Posizione e sull’estrema destra romana.
Forse vennero a sapere del dossier dopo l’arresto di Valerio nel 1979.
Riapparso e poi scomparso, che cosa ci fosse in quel dossier e che
importanza avesse per la destra eversiva non è ancora chiaro. Degli
appunti di Valerio Verbano restano solo delle fotocopie, l’originale è
stato sequestrato dagli inquirenti nel 1979 al momento dell’arresto,
poi è scomparso.

Dalle poche fotocopie fatte dalla Digos è
possibile comunque ricostruire una mappa della Destra a Roma. Un
materiale prezioso che avrebbe potuto portare gli inquirenti sulla
pista giusta.

Nel 1981 nell’ambito delle indagini sulla strage
di Bologna vengono fuori quasi per caso delle informazioni interessanti
anche per il caso Verbano. A parlare è Laura Lauricella, compagna di un
personaggio di spicco dell’estrema destra di quel periodo Egidio
Giuliani. La Lauricella decide di parlare tra le cose che racconta fa
riferimento a un silenziatore che il Giuliani avrebbe dato
all’assassino di Verbano. Lo scambio avvenne al poligono di Tor di
Quinto a Roma, dove molti neofascisti si incontrano. La Lauricella
racconta che Giuliani le avrebbe confidato che lui stesso aveva
costruito quel silenziatore e che lo avrebbe dato a un ragazzo che quel
giorno sparava vicino a lui . Quel ragazzo è Roberto Nistri membro di
spicco di Terza Posizione.

Il giudice Claudio d’Angelo che
indaga sull’omicidio Verbano interroga sia Nistri che Giuliani entrambi
negano ogni addebito e chiedono un confronto con la Lauricella, ma quel
confronto non ci sarà mai. Il 30 settembre 1982 Walter Sordi, ex
terrorista dei Nar pentito, fa nuove rivelazioni sul delitto Verbano
dice di aver raccolte le confidenze di un altro esponente dei Nar
Pasquale Belsito : “ fu Belsito a dirmi che a suo avviso gli autori
dell’omicidio Verbano erano da identificarsi nei fratelli Claudio e
Stefano Bracci e in Carminati Massimo. Il 25 gennaio 1984 nell’unico
interrogatorio a cui è sottoposto Claudio Bracci nega ogni addebito e
smentisce di conoscere Pasquale Belsito. In ottobre Massimo Carminati
rilascia identiche risposte.

Ai pentiti e ai collaboratori si
unisce anche Angelo Izzo, detenuto dal 1975, per i fatti del Circeo.
Izzo afferma di aver raccolto in carcere le confidenze di Luigi
Ciavardini, militante di terza Posizione poi passato a i Nar. “Luigi
Ciavardini mi disse che l’omicidio era da far risalire a militanti di
Terza Posizione, mi disse che il mandante era sicuramente Nanni de
Angelis, per quanto riguarda gli esecutori mi disse che sicuramente si
trattava di componenti del gruppo capeggiati da Fabrizio Zani. Solo un
pasticcione come Zani poteva perdere la pistola durante la
colluttazione con Verbano”.

Ma anche le parole di Izzo non
trovano nessun riscontro. Da tutta questa serie di pentiti non uscirà
nessun elemento concreto tutti gli indiziati verranno prosciolti nel
1989, l’inchiesta è chiusa.

 
La terza ipotesi
Il
padre di Verbano indica anche un altro possibile movente : “ nei giorni
precedenti al suo assassinio, mio figlio Valerio, potrebbe essere
venuto a conoscenza di un gruppo composto da autonomi e neofascisti che
svolgevano traffici di armi e droga. Questo gruppo venuto a conoscenza
che Valerio indagava su di loro avrebbe inviato i tre assassini per
interrogare Valerio e sapere quali nomi e fatti conoscesse”. Nel
memoriale Sardo Verbano scrive un nome che è la perfetta sintesi di
questa alleanza criminale tra rossi e neri, si tratta di Marco Guerra ,
un informatore di Valerio.

Sentito dal giudice il 20 marzo del
1987, Marco Guerra dichiara: “All’epoca dl delitto Verbano facevo parte
di un gruppo di giovani che si riconoscevano nel Movimento Comunista
rivoluzionario, fino al 1978 avevo militato nella destra
extraparlamentare, ma poi confluimmo nel movimento comunista
rivoluzionario”. Prima di aderire all’estrema sinistra Marco Guerra
frequenta il gruppo di estrema destra capeggiato da Egidio Giuliani e
Armando Colantoni. Secondo gli investigatori questo gruppo avrebbe
tentato un approccio con formazioni del terrorismo rosso per esaminare
la possibilità di una strategia comune.

Questa terza ipotesi
non è stata mai presa in considerazione e non c’è comunque nessuna
prova che Valerio Verbano sia stato ucciso da un gruppo misto rosso e
nero, uniti per eliminare un ragazzo troppo curioso che forse aveva
scoperto troppo.

Un altro elemento…trascurato dagli inquirenti.
Il
28 maggio del 1980 tre mesi dopo l’omicidio Verbano un commando dei NAR
uccide Franco Evangelista, detto "Serpico", agente di guardia davanti
al liceo Giulio Cesare. Da queste indagini esce un elemento che
potrebbe essere significativo anche per l’omicidio Verbano . Durante le
indagini finisce nella rete un ragazzino di sedici anni Elio De Scala,
soprannominato “Kapplerino”, nella sua abitazione viene trovato un vero
e proprio arsenale: tre pistole , dieci silenziatori centinaia di
pallottole, sul comodino le chiavi di un auto rubata usata per due
sanguinose rapine.

Ma c’è un elemento che non quadra: la
rivendicazione di quelle due rapine sono firmate dai NAR, ma la
rivendicazione del furto di quell’automobile era stata firmata dalla
sigla “Proletari Organizzati. Gruppo Valerio Verbano” in un linguaggio
intriso del linguaggio dell’estrema sinistra. Il gruppo “Proletarii
organizzati” scrivono i giornali è una sigla per depistare le indagini.
E’ una novità che potrebbe gettare luce sul delitto di Via Montebianco.
Eppure non si muove nulla, non ci sono indagini mirate, interrogatori
nel fascicolo dell’istruttoria non c’è alcun riferimento.

La lettera della madre di Valerio a Pasquale Belsito
Ma
la madre di Valerio non si arrende ancora, ha deciso di scrivere
all’ultimo irriducibile dei Nar Pasquale Belsito, arrestato nel 2001 in
Spagna e estradato in Italia nel 2005, per chiedergli aiuto:

Durante
questi anni non ho mai perso la speranza di poter conoscere la verità
sull’omicidio di mio figlio, mi rivolgo a lei Pasquale Belsito perché
ha conosciuto e frequentato gli ambienti di estrema destra: Nar, Terza
Posizione. Chi meglio di lei conosce la storia di quel particolare
momento. Lei ha oggi quarantaquattro anni, gli stessi che avrebbe il
mio Valerio, è in carcere da quasi quattro anni e mezzo, non so quanta
pena debba scontare complessivamente, credo però che ne passeranno
molti prima che possa riprendere la sua vita. Spero che lei sappia
qualcosa e che abbia voglia di raccontarlo a una madre in cerca della
verità. Non voglio vendetta ma solo giustizia, quella che è stata
negata fino ad ora dal silenzio assordante che ha coperto l’assassinio
di mio figlio. Credo che la decisione di raccontare le cose come stanno
potrebbe portare sollievo anche a lei
”. 

                                                                                       (Pina Carla Verbano).

 
 
 
 
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13 maggio 1999: il sito

 

 

 

13 maggio 1999 lo sciopero delle organizzazioni di base fu un grande
successo (a Firenze 3.000 in piazza). Lo sciopero dimostrò la
possibilità di lottare contro la guerra NATO nei Balcani, guerra
sostenuta dal governo di allora, guidato da D’Alema, e definita da
CGIL-CISL-UIL "una contingente necessità". A corteo concluso davanti al
Consolato Americano partirono, senza preavviso, durissime cariche
poliziesche: candelotti sparati ad altezza d’uomo, 5 manifestanti
costretti alle cure ospedaliere, mentre tanti altri contusi evitarono
gli ospedali. L’atteggiamento delle forze dell’ordine fu conseguente
alla circolare D’Alema-Iervolino ("perché non vengano tollerate
manifestazioni contro basi militari e sedi governative"). Un paese in
guerra adegua  il comportamento della propria polizia alla situazione
bellica. Un video mostrò l’esatta dinamica delle cariche – video
ripetutamente fatto vedere dalla trasmissione "Striscia la notizia",
anche, strumentalmente, nei confronti del centrosinistra al governo.

 

Il Tribunale di Firenze ha condannato a 7 anni chi manifestò contro
la guerra NATO nei Balcani (1999) sostenuta dal governo D’Alema in
spregio alla Costituzione repubblicana (l’Italia ripudia la guerra).
Una condanna che viene quasi nove anni dopo i fatti e che vede tutti
gli imputati liberi.

Il reato è la resistenza pluriaggravata (dal fatto di essere più di dieci in una manifestazione).

7 anni per resistenza non hanno eguali, per questo reato, nella storia della Repubblica.

In queste pagine troverete tutto quello che c’è da sapere su questo processo.

 

http://www.inventati.org/13maggio99/ 

 

 

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