Milano e Roma, due indagini sul neofascismo

Di seguito due articoli usciti il 23 febbraio su Repubblica. Parlano del propagarsi della piaga neofascista nella capitale politica e in quella economica d’Italia: moda, ultrà, scuole e qualcosa di preoccupante dietro le parole.

Milano, palestra e birreria e la voglia di essere contro 

Fianco a fianco naziskin e picchiatori da curva, uniti da ideali e proselitismo
La fotografia scattata dall’Osservatorio democratico e i riscontri della magistratura
Milano, palestra e birreria e la voglia di essere contro

di PAOLO BERIZZI

Milano, palestra e birreria la voglia di essere contro

 
MILANO – Franco la felpa col marchio calci&pugni la porta al
contrario con le maniche tirate su. Dice che così – con la scritta
sulle spalle – “fa brutto”, che tradotto dallo slang dei giovani
milanesi sarebbe “mette paura”. Franco ha il cuore molto nero e tifa
molto Inter, curva Nord fisso, “se c’è da menare non mi tiro indietro”.
Il suo liquido preferito è la birra scura della Guinness di Dublino.
Ultimo libro letto: “Io, l’uomo nero” di Pierluigi Concutelli. “Un
grande – si fa serio – l’ho visto l’altra sera in tivù. Coerenza e
dignità sempre, perché se hai ucciso mica puoi fare l’abbaione”
(parlare a vanvera).

Quelli
come Franco hanno 25 anni e tanta voglia di fascismo. Lavorano (lui fa
il marmista) o studiano Legge fa lo stesso: intanto hanno già deciso
che la vita colorata di bruno intenso è più bella. Stanno arroccati nei
vecchi e nuovi fortini del Nord opulento. Si incontrano nelle sezioni
di Forza Nuova e Fiamma, nelle curve di San Siro e all’università.
Allenano muscoli e ugole nelle palestre di pugilato e nelle birrerie.
Si fanno contagiare, per volontà ideale o per osmosi, dal battito del
“Cuore nero”. Che non è solo il primo centro sociale milanese di
estrema destra. È un progetto strutturato. Il tentativo dell’estremismo
nostalgico di risollevare la testa dopo anni di silenzi e inchieste che
ne avevano accorciato il passo.

Vai
a dare un’occhiata su YouTube… ”, mi suggerisce Franco come fosse
un’avvertenza per l’uso. I link da caricare, quelli a cui tiene di più,
sono: “Manifestazione ultras Inter per Gabriele Sandri” (12 novembre
2007) e “Prodi contestato in Cattolica” (18 gennaio 2007, con fischi,
saluti romani e croci celtiche). “Se guardi bene mi vedi, là, in mezzo
al casino”. Quel 18 gennaio 2007 è una data di nascita: Cuib,
Cattolica. Letteralmente “Comitato universitario iniziative di base”.
Meno letteralmente, e tolta la vernice, la stessa sigla di uno dei nidi
da cui era sorta la “Guardia di Ferro” filonazista di Cornelius
Codreanu.

A
Milano e in Lombardia, una vita dopo i sanbabilini, c’è un “Cuore nero”
che pulsa. Visto dall’esterno può apparire come una ristretta enclave
di nostalgici. In realtà, sotto c’è di più. Cose che le nuove leve,
forse, persino ignorano. Sponde istituzionali. Contatti con terroristi
ex Nar. Intrecci con le famiglie della ndrangheta calabrese e della
mafia siciliana trapiantate a Milano. Il tutto condito con una
massiccia opera di proselitismo tra i giovani. Fianco a fianco, nelle
sacche nere della grande metropoli, s’ingrossano le fila di naziskin,
nostalgici della Rsi e ultrà di Inter e Milan.

La
fotografia scattata dall’Osservatorio democratico (curato da Saverio
Ferrari) trova riscontri nelle indagini della magistratura. Ce n’è una
che Repubblica ha già raccontato. Quella sui rigurgiti di neo nazismo
che hanno come alveo la provincia di Varese (pm Maurizio Grigo e Luca
Petrucci). Nelle pieghe dell’inchiesta (ancora in corso, sin qui 50
indagati e due arrestati) sono saltati fuori nuovi collegamenti e sta
venendo alla luce una struttura a cerchi concentrici. Che sconfina
oltre la provincia varesotta, abbraccia Milano e la sua vasta cintura,
e scende fino a Roma.

Alcuni
dei personaggi che si muovono su questo asse sono riconducibili a
“Cuore Nero”, il centro sociale che doveva nascere in viale Certosa a
Milano ma che è stato bruciato l’11 aprile scorso prima che venisse
inaugurato. La sede era un negozio di lapidi mortuarie di fronte al
cimitero Musocco, a due passi dunque dal mitico Campo Dieci dove
riposano alcuni soldati delle SS. Ma chi sono i fondatori di Cuore
Nero? Roberto Jonghi Lavarini, ex presidente di Zona 3, già dirigente
di An (terzo dei non eletti a palazzo Marino) e Alessandro Todisco,
leader degli “Irriducibili” dell’Inter e proprietario della linea di
abbigliamento “Calci&pugni”, già Azione Skinheads, condannato a un
anno e un mese per istigazione all’odio razziale e partecipazione a
struttura clandestina.

Le
mani che tessono la paziente tela della Cosa Nera appartengono a
personaggi noti dell’estremismo meneghino. Quelli che si riconoscono
nella firma “I camerati”, alias del Comitato per Sergio Ramelli (lo
studente di destra ucciso il 13 marzo 1975 da militanti di Avanguardia
Operaia). Presidente del comitato, dopo la morte del militante di
Ordine Nuovo Nico Azzi (al suo funerale nella chiesa di Sant’Ambrogio,
c’era anche il vicepresidente di An Ignazio La Russa), è Luca Cassani
detto “Kassa”, inquisito nel ‘97 per l’accoltellamento di un
consigliere comunale del Prc (poi successivamente prosciolto) e oggi
tra i leader dei Guerrieri ultras, il gruppo egemone del tifo
milanista. Suo compagno di tifo è Alessandro Pozzoli detto “Peso”, ex
assessore di Opera e responsabile locale dell’associazione culturale
Area, indagato per le guerre intestine – pestaggi e pistolettate –
nella curva rossonera.

I
modelli di riferimento sono nomi “di richiamo”: Remo Casagrande,
picchiatore missino degli anni ‘70, Cesare Ferri, accusato e poi
assolto per la strage di piazza della Loggia a Brescia, e Maurizio
Murelli, condannato per aver ucciso nel 1973 un poliziotto a Milano.
L’orbita nera milanese, a caccia di territori prima inesplorati, è
sempre in bilico tra una miriade di gruppi, Alleanza Nazionale, e
persino ambienti della malavita organizzata. A Quarto Oggiaro,
periferia Nord-Ovest, alle ultime elezioni amministrative le influenti
famiglie Carvelli, Di Giovine e Crisafulli non hanno fatto mancare il
loro appoggio ad alcuni candidati di An.

Ci
sono foto che ritraggono assieme Jonghi Lavarini (in corsa per An) e
Salvatore Di Giovine detto “Zio Salva”, della nota famiglia calabrese
da sempre implicata nel traffico e nello spaccio di droga nella zona.
In altre foto, altri politici sono immortalati accanto a Ciccio
Crisafulli, nipote ed erede del boss Biagio “Dentino” Crisafulli.
Intrecci arditi. Favori concessi per tornaconto o in nome di vecchie
amicizie. Come il posto di lavoro fittizio che Lino Guaglianone, un
tempo tesoriere dei Nar, oggi ricco imprenditore già candidato alle
ultime politiche con l’Azione sociale di Alessandra Mussolini, trovò
nella sua palestra di Novate Milanese a Gilberto Cavallini,
plurimomicida ergastolano ex Nar. Di Guaglianone è anche la palestra
Doria di via Mascagni. Tra i ragazzi la Doria è considerata la palestra
“vera”, non “fighetta”. Quella che è anche un po’ palestra di vita.
Pugni, tifo ultrà, “azioni” universitarie e militanza politica. Perché
il cuore nero “fa brutto”.

 

Il cuore nero dei giovani d’Italia

Tra nuovi slogan e vecchi ideali, identikit del "balilla" del 2008

A Roma i “camerati” sfondano nelle elezioni nei licei e nelle università
Al Nord si alleano con gli ultras da stadio e i reduci dell’estremismo anni ‘70
Il cuore nero dei giovani d’Italia
Viaggio alla scoperta dell’ultradestra
Tra nuovi slogan e vecchi ideali, identikit del “balilla” del 2008
di CONCITA DE GREGORIO

Il cuore nero dei giovani d’Italia viaggio alla scoperta dell’ultradestra


ROMA – I balilla che governano la “Cosa nera”, parlamento delle scuole
romane, non si riconoscono dalla divisa: non ce l’hanno. Nemmeno quella
diffusa sui giornali da foto d’archivio: ray-ban a goccia specchiati e
bomber di pelle, capelli cortissimi. Non si usa più: sono i più grandi
semmai a bardarsi ancora così, gli ultra ventenni e Cesare Previti
quando si veste da giovane, la domenica mattina. I ragazzini di 15-17
anni eletti in liste di destra che gestiscono gli 80mila euro della
Consulta provinciale studentesca insieme alla gloria di aver
defenestrato la sinistra da sempre al potere sono indistinguibili da
migliaia di loro simili.

Andrea
Moi, 17, presidente della Consulta, è un adolescente con la voce ancora
sottile, secondo di tre figli cresciuto in mezzo a due sorelle, vive a
Roma Sud – Colli Albani – e va a scuola al Terzo istituto d’arte,
fermata della Metro Giulio Agricola. Milita in Azione giovani da quando
aveva 13 anni, è in consulta da quando ne aveva 14. Dice che “un tempo
a scuola in assemblea si parlava solo di temi difficili e lontani dagli
interessi dei ragazzi tipo l’Europa, gli anni Settanta. Ora finalmente
di discute di cose che interessano a loro: il caro cd, il caro libri”.
Va così e attenzione a sottovalutare o liquidare con spallucce la
portata dell’onda.

Le
battaglie sono per utilizzare l’aula di informatica, mettere i pannelli
solari sul tetto, fare più ore di educazione fisica e più gite “a
contatto con la natura”, possibilmente senza telefonino perché “lo
spirito se ne giova”. Per avere libri di testo non obbligatori, insomma
non studiare la storia solo sul Villari, ma almeno affiancarlo, dice
Moi, a “un libro che mi dica che la Rivoluzione francese è stata anche
una carneficina e che non liquidi in tre righe la rivolta di Vandea”.

A
Roma otto anni fa gli studenti di destra eletti nel Parlamento dei
ragazzi erano 20 su 400. Oggi sono la maggioranza assoluta, più di 200.
Decuplicati. Marco Perissa, 25 anni, responsabile scuola per Roma di
An: c’era allora e c’è adesso. Nel ‘99 era uno dei consiglieri della
Consulta, “facemmo il libro bianco sull’edilizia scolastica”. Dice: “Ha
vinto la destra perché ha perso la sinistra. Ci siamo inseriti
nell’antipolitica e abbiamo rubato voti alla sinistra ideologica. Le
abbiamo opposto una destra pragmatica: non tutti gli studenti che ci
votano sono di destra, anzi. Ci votano perché facciamo le cose. Perché
gli anni Settanta sono lontani e non si può restare lì, perché pensiamo
all’oggi”.

Dunque
vediamo, oggi. Oggi al Tufello, periferia romana, c’è qualche centinaio
di studenti di sinistra che sfila in mezzo ad una impressionante
saracinesca di polizia: ricordano Valerio Verbano, studente
dell’Archimede ucciso dai fascisti nell’80, sua madre apre il corteo.
Esprimono solidarietà a Simone, ex studente dell’Aristofane di Vigne
Nuove picchiato qualche giorno fa da una spedizione punitiva del Blocco
studentesco, falange scolastica della Fiamma.

Il
Blocco – sede principale a Casa Pound, centro sociale di destra – ha
conquistato quest’anno 55 rappresentanti alla Consulta. Uno di loro è
Giorgio Evangelisti, 17 anni, studente del Convitto nazionale fin da
quando era in terza elementare. Il Convitto è la scuola della classe
dirigente, fama di rigore estremo. Giorgio dice che ”è l’ora di finirla
con questa storia che siamo violenti e razzisti. Al corteo per le foibe
c’erano quattro ragazzi di colore, uno di loro è attivista nella
sezione di Roma Nord. Picchiare ci si picchia, ogni tanto, succede da
sempre. Però quando noi abbiamo fatto volantinaggio davanti al Tasso
due mesi fa sono venuti a menarci con caschi e bastoni, una cosa
organizzata, non dico bugie, e non ne ha parlato nessuno. Fa notizia,
la violenza, solo quando fa comodo a sinistra”. Non è proprio così,
questa è una versione di Giorgio, parte in causa.

Dice
anche che è una bugia che la destra cresca solo in periferia e la
sinistra mantenga le roccaforti del centro storico. Vediamo la mappa
delle scuole, come è cambiata. Fortino del Blocco è il Farnesina,
scientifico di Vigna Clara: è lì che è cominciata la prima occupazione
della Destra “perché non se ne poteva più di far lezione nei container,
ci pioveva dentro”. Due del Blocco sono eletti al liceo classico
Visconti, piazza del Collegio romano, la sede del processo a Galilei.
Al Righi, lo scientifico più rinomato della città, il rappresentante di
istituto è di Azione studentesca, braccio nella scuola di Azione
giovani. Il Giulio Cesare, un tempo classico di destra, ha oggi un
esponente di sinistra e uno cattolico. Restano “rossi” il Mamiani, il
Virgilio, il Tasso.

La
destra va fortissimo allo scientifico dei Parioli, l’Azzarita, dove il
Blocco raccoglie firme per far intitolare l’aula magna a Nanni De
Angelis. “Sa chi è? – domanda Evangelisti – un ragazzo degli anni
Settanta”. Due consiglieri di destra sono stati eletti al classico
Nomentano, uno allo scientifico Benedetto da Norcia, due al tecnico
Armellini di San Paolo fuori le mura. Non si parla solo di Ostia,
dunque. Andrea Moi cita il coraggio del giovane eletto con As al
Machiavelli di via dè Volsci, quartiere San Lorenzo, roccaforte storica
della sinistra radicale, Radio popolare e controcultura militante.
“Però non lo nomini per favore perché magari a scuola non lo sanno che
è di destra”. Ecco, magari non lo sanno.

La
novità è che il 65 per cento degli studenti romani ha votato a destra
ma magari, una parte almeno, non lo sa. Azione studentesca ha uno
slogan che dice “Contro lezioni tristi e grigi professori, per una
scuola capace di divertire e unire”: un programma capace di raccogliere
l’unanimità dei consensi. Quando il Blocco chiede “più ore di
ginnastica” non lo fa esponendo un manifesto di prestanza fisica
neomussoliniana, sui manifesti delle elezioni scolastiche ci sono gli
eroi del film western e Bart Simpson quello dei cartoni animati, e poi
fare più ginnastica vuol sempre dire fare meno greco e estimo. Per
arrivare allo scacco del due a uno (la Cosa nera vede 15 consiglieri
alla destra, 10 alla sinistra) le due liste romane di destra, fra i
quattordicenni, hanno fatto “propaganda sulle cose”.

Aule
più belle, libri e cd meno cari, più ginnastica e più gite.
L’anticomunismo un sottile sottofondo, scenario per ora marginale.
Intanto stare meglio, divertirsi di più. Poi è alle manifestazioni
politiche che tornano fuori i simboli, le croci runiche e le aquile.
Arrivano i venti e anche trentenni, lì. Sono loro che menano la danza.
L’8 febbraio era previsto un convegno della Consulta al teatro
Brancaccio. Tema: “Istria, Slovenia, Dalmazia: anche le pietre parlano
italiano”. Dopo tanti convegni sulla Resistenza, dicono i balilla, ora
che il vento è cambiato finalmente uno sulle foibe.

Perissa,
il responsabile scuola: “Purtroppo 15 attivisti del collettivo del
Virgilio hanno tirato un fumogeno nel teatro, Costanzo ha ritirato la
disponibilità della sala, duemila studenti pacifici sono rimasti per
strada. La riprova questo che non è un paese libero”. Le cronache di
quel giorno raccontano una storia diversa. Scontri violenti in via
Nomentana fra adulti neofascisti e studenti delle scuole del centro.
Nel blog di Casa Pound però c’è scritto che non bisogna leggerli i
giornali. La verità è nella “forza dell’azione”. La rivoluzione è la
nostra: “Sveglia bastardi, la ricreazione è finita”. Marx, ha stancato:
“Dopo Marx, aprile”. Una nuova primavera invisibile, per alcuni
inconsapevole. Ma si sa che la coscienza politica si forgia con
costanza: a tredici anni voti per la gita in Abruzzo, a sedici per i
computer nuovi in aula d’informatica. Le foibe dopo, c’è tempo.

 

www.ecn.org/antifa 

 

 

 

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