Sulla lotta studentesca

Questo autunno si prefissa come pieno
di proteste, di lotte, insomma un autunno caldo. Bè, fino ad
ora, il clima sembra essere mite, ma politicamente lo sarà?

Rimaniamo perplessi di fronte alle cose
che si leggono in questi giorni, movimento studentesco maggiormente
partecipato di quello del 68 e del 77; un movimento che durerà
a lungo e ha la possibilità di cambiare questa merdaccia di
Stato e cose di questo tono. Non per fare i disfattisti ma ci
troviamo abbastanza distanti da queste idee.

Non possiamo fare parallelismi con il
lungo periodo di lotta tra glia anni 60 e 70, ma riguardo alla
Pantera due cose si possono dire. Sicuramente questo movimento è
molto più forte e partecipato di quello di un decennio fa;
sicuramente è molto meno localizzato in alcune realtà
ben precise dell’Italia; sicuramente la forza mostrata alla
riapertura della scuola oggi è qualcosa di superiore al
passato. Ma ci sono anche affinità che in qualche modo fanno
pensare. Come nel 89 oggi il questo movimento è molto poco
politicizzato e ad oggi democratico. Per questo le dichiarazioni di
Cossiga fanno pensare seriamente a seri problemi psichici, ma dalla
nostra parte sono domande che fanno pensare. Sulla democraticità
della protesta ci troviamo in qualche modo concordi, visto anche il
fatto che forzare la mano vista la situazione politica, ma
soprattutto sociale e culturale, sarebbe veramente una catastrofe che
farebbe precipitare tutto nella logica del manganello. Ma riguardo
all’assenza di basi realmente politiche abbiamo molte paure.

La
Pantera si accese in pochissimi giorni, ma purtroppo altrettanto
rapidamente si spense dopo pochi mesi, lasciando tutto immutato.
Realtà realmente politicizzate stanno sicuramente partecipando
a questo movimento, ma sono una strettissima minoranza, e ci sarà
da lottare duramente per dare una possibilità sul lungo
termine alla lotta: uscire dalla semplice riforma e pensare un po a
cambiare la società. Intendiamoci vista la situazione le
scuole si stanno dimostrando una realtà tutt’altro che
insignificante, ma se pensiamo sempre al pesce piccolo piccolo non
avremo nemmeno quello.

Si parla di questa unione tra docenti,
precari, studenti. Be’ noi proprio questo aspetto lo prenderemmo con
le molle (ardenti). Già nel 2005 c’era stato qualcosa di
simile, ma poi gli insegnanti hanno saputo scegliere la parte dove
stare, e purtroppo non era quella degli studenti. Sia chiaro, sta
bene sfruttare ora l’appoggio mediatico che possono dare professori
incazzati, ma ricordiamoci sempre che la nostra scuola non è
molto spesso quella che vogliono i professori.

In passato si parlava di unione tra
studenti e operai, e tranne in rari casi è sempre stato uno
scoglio insormontabile. Ma oggi ci chiediamo dove stanno gli operai,
e in generale diciamo la classe lavoratrice e i precari? Pochi mesi
fa i sindacati hanno tolto la possibilità di una pensione con
la riforma, negando perfino quello che era uscito dai luoghi di
lavoro. Quale è stata la reazione? Be’ praticamente nulla.
L’Alitalia manda tutti a casa, creando una società fantasma di
cui non si sa praticamente nulla, ma soprattutto non si sa quanto
riuscirà ad arrancare prima del prossimo crack. Senza
considerare il precariato, diventato la prassi di un attività
lavorativa e ormai stabilizzato come nuova realtà sociale. La
manifestazione del 17 ha dimostrato che è possibile uscire
dalla logica del trittico di primi (Cgil, Cisl, Uil) con annesso
sorbetto (Ugl) ma queste fiammate quando si riuscirà a
concretizzarle in un fuoco duraturo?

Ma c’è anche un’altra nostra
impressione che speriamo sia un errore. Ci sembra ci sia un
sostanziale distacco tra i studenti e quel po’ di movimento che a
stento cerca di resistere. Un distacco che taciuto, ma fa seriamente
pensare. Di fronte ad un attacco di fronte alla scuola a 360 gradi
non si riesce a creare un fronte compatto e eterogeneo che stravolgi
il bel paese? Proprio a tal proposito il 30 ci dovrebbe essere
l’exploit decisivo di questa protesta. Perché non lanciare una
manifestazione nazionale, invitando tutti a Roma a far capire ai
politicanti che se tirano troppo la corda alla fine si spezzerà.
Che la lotta può diventare movimento e avere la capacità
di proporre una realtà altra al liberismo (statalizzato?) che
ci propinano queste onorevoli persone.


Raga’ siamo bravi e lo abbiamo
dimostrato, ma vediamo al di la della semplice riforma e prendiamo in
mano le redini di questa società. Se non richiediamo noi
l’impossibile di certo non ce lo regala nessuno.

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