Sulle donne e il femminismo

La manifestazione di sabato scorso è scivolata senza intoppi e con grande partecipazione. Ma ovviamente non deve concludersi lì l’impegno per i diritti delle donne. Una cosa che abbiamo notato riguardante quella manifestazione e che ci ha fatto pensare parecchio è stata la questione separatismo. Non abbiamo scritto su ciò in precedenza perchè poteva essere travisato quello che avremmo scritto. Inoltre tutt’ora non abbiamo le idee così chiare riguardo a questo argomento. Ci pare però interessante riflettere su questo articolo/comunicato apparso su femminismo al sud, che vi riproponiamo qui di seguito.

 

Riprendo un intervento da QUI (e pubblico
sotto l’articolo scritto da Stefano Ciccone su Liberazione e uno dall’intero
gruppo di Maschile Plurale su Il Manifesto) per insistere sul tema (mi
riferisco ad alcuni interventi contro il separatismo, il "sole
donne" imposto per l’iniziativa) che inevitabilmente domina la nostra
attenzione in relazione alla manifestazione del 24 novembre. E insisto perchè da più
parti si continua a intendere che bisogna "tornare a parlare di
contenuti" come se qui si parlasse di qualcosa di diverso o come se
appunto pratiche e contenuti potessero essere scindibili.

Così per me non è e so anche che chi mi legge è più che
conscio/a del fatto che il tema della violenza contro le donne è una questione
che mi preme moltissimo, e mi preme tanto da aver trascorso molto tempo della
mia vita a lavorarci su’ e a ragionare di leggi e pratiche e a discutere in
maniera animata con uomini e donne sempre tenendo ben chiaro quell’obiettivo.

E l’obiettivo è la lotta contro la violenza sulle donne, o
"violenza maschile sulle donne" come opporranno le instancabili
organizzatrici della manifestazione. Per me l’approccio così formulato è solo
uno dei tanti possibili approcci. Il mio è diverso. La manifestazione avrebbe
dovuto a mio parere contenerli tutt* (gli approcci). Proprio perchè l’obiettivo
è la lotta contro la violenza sulle donne e proprio perchè i progetti, le
risorse e le idee in circolazione che si occupano di questo non sono così
numerose a tal punto da poter rinunciare ad alcune importanti energie
disponibili.

E qui non sto parlando soltanto di gruppi come "Maschile Plurale" che io ad esempio considero
importantissimi proprio in funzione di questa battaglia, non parlo neppure dei
compagni gay o trans, in parte quasi intimiditi o sollecitati dalle compagne a
mostrare reverenziale rispetto per la decisione separatista che non so fino a
che punto poi davvero hanno condiviso poichè non ho assistito ad un loro
intenso e autonomo dibattito interno sulla questione (ma sotto riporto di un
parere chiaro di gay che si dichiarano contro e si svincolano da questo
allineamento forzato, denunciando di sentire una chiara discriminazione in
questa scelta).

Qui
sto proprio parlando di me e del mio modo di intendere una lotta contro la
violenza sulle donne. E’ vero, io alle assemblee di Roma non sono venuta. Non
ho potuto. E’ vero: condivido quello che dice il documento e mi piace molto che
sia una manifestazione senza cappelli istituzionali, senza bandiere di partito
e senza feudatarie del variegato mondo femminista in prima fila, con il
coraggio di rifiutare adesioni fasciste. Ma proprio non condivido l’impostazione separatista allargata a tutt*,
persino a coloro che non l’hanno mai immaginata e inserita nel proprio taccuino
delle strategie politiche.

In questi casi la scelta potrebbe essere quella di starsene
a casa. Perchè essere ospiti sgraditi/e non piace a nessuno. Perchè un
conflitto posto in maniera pressante proprio nel momento in cui la piazza deve
essere assolutamente dedicata ad un problema così devastante come quello sulla
violenza alle donne parrebbe non essere per nulla opportuno. Ma è un tema mio,
che mi appartiene, e sentirmelo scippare in una richiesta di omologazione che
non è solo sulle pratiche ma essenzialmente sui contenuti, poichè i miei
vengono banalizzati e annullati dalla voce prevalente, quella separatista, è
per me un fatto doloroso e inaccettabile.

I conflitti non possono essere rimossi e quindi la piazza
deve appartenere anche a quel conflitto perchè dimostri che vi sia, come ho già
detto, una partecipazione critica in coda al corteo, non "allineata",
diversa. Perchè penso che questo corteo non può permettersi di perdere pezzi
insospettabili, puliti e necessari. Perchè penso che se è vero – come alcune
dicono – che un divieto può aver avuto l’insperato e inimmaginabile risultato
di stimolare disobbedienze è anche ora di raccoglierne i frutti. Quei conflitti
vanno vissuti e portati in piazza e poi agiti in ogni altra sede in un
dibattito che deve continuare in maniera serena e positiva come positivo è il
fatto che di femminismi ne siano venuti fuori tanti, con idee diverse, con
ricchezze irrinunciabili come non accadeva da molto tempo.

E’ mio parere che le violenze maschili vengano perpetrate
dai maschi. E’ mio parere che quegli uomini che si sono messi in discussione e
non hanno difficoltà ad accettare questo dato non vanno esclusi da una
battaglia che non può comunque criminalizzare o imbrigliare in ruoli imposti le
persone solo in funzione di quello che hanno tra le gambe (che poi è
esattamente quello che io chiedo non si faccia con me). Io penso che gli uomini
in "punizione" che "dovranno" restare a casa non si
sentiranno affatto puniti se non si sono mai preoccupati di questo problema e
anzi si sentiranno sollevati da questa responsabilità.

Sarà per noi una perdita invece il non potere attraversare
in corteo strade e vicoli assieme a quei compagni, non tutti gli
"uomini" indiscriminatamente con vessilli di partito pronti a
scaricarsi la coscienza solo con una apparente solidarietà ma parliamo dei
compagni con cui discutiamo e con i quali ci ostiniamo a sostenere costruttivi
conflitti di genere. Quei compagni che sono anche portatori di una visione che
ci arricchisce rispetto alla stessa "violenza di genere". Sarà una
perdita e anche una sciagurata ambigua rappresentazione di un se’ femminile
obbligatoriamente riproduttivo, per cio’ stesso differente, che comunque si
allarga alle trans MTF (Qualcuna chiede: dei trans FTM che ne facciamo?). E’
mio parere anche che per coerenza rispetto alla impostazione di battaglia di
tipo culturale che lo stesso documento di convocazione richiama, bisogna
svincolarsi dal considerare quale unico "persecutore" colui che è
stato esecutore materiale del delitto. Quella violenza maschile è veicolata e
costruita grazie a molti contesti, non ultimi quelli femminili.

Non basta dunque chiedere alle donne di unirsi in un corteo
di "sole donne" per sciogliere questo vincolo di complicità. Anzi un
corteo di questo tipo assolve tutte le donne, nessuna esclusa, e non mette in
chiaro risalto che la cultura patriarcale è invece perpetuata anche dalla
Ministra Bindi che pare essere una donna, o dalla Ministra Livia Turco che
chiede l’adozione degli embrioni esigendone lo status di esseri viventi, o
dalla Ministra Pollastrini e altre rappresentanti di questo governo che hanno
permesso senza opposizioni chiare che si potesse portare avanti un progetto
come il pacchetto sicurezza di stampo patriarcale e razzista e altri progetti
che infliggevano alle donne il ruolo di mogli e madri forzatamente
eterosessuali che solo in quanto tali avrebbero ottenuto riconoscimenti,
vantaggi e anche contributi economici palliativi di tipo fascista.

E il tema non è che bisogna restringere il nucleo degli
interlocutori istituzionali (Che parlarci senza retrocedere sulle proprie
posizioni non fa male). Il tema è, piuttosto, che bisogna mostrare radicalità
senza scadere nell’irrigidimento identitario e nei vizi ideologici. Soprattutto
se questo irrigidimento lo si gestisce scivolando inesorabilmente verso
posizioni arroccate ed esasperate che significano chiusura e non disponibilità
al dialogo neppure con le compagne di percorso più vicine. Posizioni che significano
imposizione autoritaria e non più richiesta palese e libera del rispetto di una
scelta politica, più o meno condivisibile.

Ne hanno scritto le ragazze di Facciamo Breccia di Torino e io mi unisco a
loro nel dire che i toni usati in quello che avrebbe potuto essere e che spero
possa ancora essere un ricchissimo scambio di idee sono stati fino ad ora
tutt’altro che piacevoli. Irrispettosi. E come loro anche a me, e credo anche
ad altre, piacerà tornarci su’ perchè i meccanismi di partecipazione sono
importanti tanto quanto le pratiche e i contenuti. Vanno di pari passo e sono
fondamentali.

Nel momento in cui hanno preso a circolare opinioni
"non allineate" da qualche parte si è detto anche di dover restare
fedeli alle priorità: il corteo è più importante. Ma le opinioni diverse hanno
una loro legittimità e a queste va concesso rispetto e spazio. Perciò scrivo. Non
mi piacciono i ricatti come non mi sono mai piaciute le imposizioni, le
costrizioni, le censure di nessun genere. Perchè le mie priorità parlano di
violenze e violazioni, da qualunque parte esse arrivino. Perchè i conflitti
vanno agiti ora, adesso, subito (perchè non stiamo in un partito che di per se’
è "contenitivo" dei conflitti). Altrimenti, per dirla come la cara Slavina ", per
la rivoluzione, aspettiamo la pensione…"

Questo è il "diverso" che gravita in mezzo a noi e
fare finta che non esista non aiuterà a fare meglio una lotta contro la
violenza sulle donne, specie se questa esclude altre donne che questa lotta, in
chiave personale e politica, la fanno da quando sono in fasce. Operare
rimozioni del conflitto è come voler rinunciare ad una grande ricchezza che
invece va presa, abbracciata e coinvolta. Percio’, sempre con amore e grande
stima per le donne che stanno lavorando a Roma per la buona riuscita di questa
iniziativa, io continuo ad invitare quanti non si sentono compresi nella lotta
separatista a unirsi a chi vorrà attuare una partecipazione critica in fondo al
corteo tra i gruppi misti. 

Ed eccovi il pezzo tratto da un comunicato di GayToday riferito alla
scelta separatista: 

Noi questa scelta non la condividiamo, in nessun modo. Non
vogliamo mettere in discussione le teorie femministe separatiste, non è questo
il “luogo” ed il modo più opportuno, ma non possiamo tacere la nostra
dissonanza ed il nostro rammarico.
Crediamo e ci impegniamo quotidianamente nella lotta ad ogni forma di
discriminazione, violenta e non, e siamo convinti che l’unica strada
percorribile per ottenere uguaglianza e rispetto dei diritti umani fondamentali
sia quella dell’impegno condiviso attraverso l’integrazione e la partecipazione
di tutte le realtà sociali.
È impossibile per noi pensare che una manifestazione di sensibilizzazione
politica la si faccia escludendo dei soggetti. Diventa ancora più grave
apprendere che questa esclusione è basata su una discriminazione d’identità
sessuale.
Noi di GayToday non ci stiamo ad accettare questa assurda linea politica
secondo la quale la violenza è iscritta nel DNA di ogni essere umano di sesso
maschile.
Con rabbia rifiutiamo questa ideologica generalizzazione e con delusione
constatiamo che la battaglia contro le discriminazioni diventa senza fine se la
si continua a portare avanti con queste teorie anacronistiche e con questi
arroccamenti ideologici. 

—>>> Il dibattito continua anche QUI 

 

This entry was posted in Aktivismo. Bookmark the permalink.

4 Responses to Sulle donne e il femminismo

  1. Pingback: priotupiliko blog

  2. Pingback: priotupiliko blog

  3. Pingback: priotupiliko blog

  4. vi says:

    ciao a tutt*,
    in vista della due giorni di “approfondimento” che si terrà a Roma in febbraio (e dove si discuteranno anche le “pratiche”), vi segnalo questo articolo che spero possa chiarire alcuni equivoci in merito
    ciao
    v.
    http://marginaliavincenzaperilli.blogspot.com/…l

Comments are closed.