Munnezza in Campania

La situazione monnezza in Campania è
diventata un caso talmente grosso negli ultimi tempi che non se ne
poteva non parlare. Tv, giornali, tutti i media ne parlano, si
discute, si sprecano fiumi di parole. Ma siamo sicuri che non ce se
ne poteva occupare prima? In pochi hanno spiegato che la gestione dei
rifiuti campana è commissariata da ben 14 anni, ma i motivi
per i quali si lasciasse accadere tutto questo?! Ci voleva la
gestione del supercommissario De Gennaro, tirato in ballo dal centro
sinistra come se nulla fosse e come se ci si fosse già
dimenticati che ruolo ha ricoperto, per sedare i rivoltosi cittadini
di Pianura e dintorni. Ribelli che non vogliono che la monnezza
ricopra le loro case, le loro strade, le scuole e i loro figli. E
allora ci si chiede: non è stato un piano preparato a tavolino
per permettere la costruzione e l’ampliamento di termovalorizzatori,
inceneritori e discariche, agendo con il beneplacito dei più?
In fondo si è visto che per trattare la questione basterebbe
convincersi che il semplice metodo del “porta a porta” è
in grado di amministrare i nostri rifiuti meglio di qualsiasi altra
soluzione. Ma poi come potrebbe essere un business, come farebbe la
mafia a speculare e controllare un’attività così
proficua?

 

 

Collabora un ingegnere esperto in ambiente e territorio che si occupa di gestione dei rifiuti

 

Messa in onda: 12 gennaio 2008

 

Colonna sonora: Jovine/Ora

 

Siti utili:

www.pianura.org

 

Scarica la trasmissione da qui 

 

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In solidarietà alle femministe di via dei Volsci

Ci troviamo a "dover" tornare a parlare di violenza nei confronti di chi si espone in prima persona nell’attività politica e sociale. Purtroppo arriviamo un po tardi ad esprimere la nostra solidarietà nei confronti di questo ennesimo atto vandalico nei confronti della sede delle femministe di via dei Volsci, riprendendo solamente ora la nostra attività per motivi di causa maggiore. Nonostante ciò riaffermiamo la nostra vicinanza con l’attività delle femministe e esprimiamo la nostra similarità negli intenti.

Da www.ecn.org/antifa

Roma Attentato sede Femministe e Lesbiche in via dei Volsci ·

CHI HA PAURA DELLE FEMMINISTE E DELLE LESBICHE?

Anche quest’anno vinciamo il premio delle più pericolose e fastidiose della città…
Col pretesto del capodanno i soliti maschi hanno dato sfogo ai loro pruriti testosteronici decidendo di far saltare la porta della sede politica autogestita da femministe e lesbiche in via dei volsci 22. Quest’agire meschino non è una novità di questo fine anno ma è in continuità con gli attacchi degli ultimi anni ai luoghi che abitiamo e alla nostra presenza politica.

Capodanno 2004: colpi di pistola danneggiano la porta e l’interno della sede.
Fine anno 2005: attacco esplosivo all’ingresso della sede.
Fine anno 2006: colpi di piccone danneggiano il muro.
Capodanno 2007: una bomba carta inserita in un’intercapedine della porta danneggia gravemente l’ingresso e l’interno della sede.
Pane quotidiano, invece, sono le intimidazioni verbali e fisiche.

Questo ennesimo attacco è la risposta alla nostra presenza politica costante e intensa in via dei volsci, e arriva a conclusione di un anno in cui insieme a tante altre abbiamo attraversato strade, piazze e altri luoghi di questa città con le nostre pratiche politiche, raccontando e condividendo il nostro essere femministe e lesbiche in questo mondo, urlando la nostra rabbia contro il patriarcato, l’eterosessualità obbligatoria, l’oppressione.

Sappiamo e sperimentiamo quotidianamente quanto dura sia la risposta di questo sistema maschile alla nostra autodeterminazione che, come tante altre vicine e lontane, facciamo vivere nelle nostre esistenze e nella realtà sociale e politica che ci circonda. Crediamo fortemente che questi attacchi facciano parte della risposta patriarcale ai nostri percorsi di resistenza perché vogliono colpire il nostro sceglierci e autorganizzarci autonomamente.

Non ci stupiamo se qualcuno cercherà di relegare ad una dimensione “non politica” gli attacchi agli spazi delle femministe e delle lesbiche e le intimidazioni che dobbiamo fronteggiare ogni giorno. È comodo e fa parte della stessa logica di chi pensa che la violenza contro le donne e le lesbiche sia un fatto privato.

Ma non saranno questi attacchi a fermare la nostra lotta!
Consapevoli che è dall’intreccio di esperienze, relazioni e saperi
che i nostri percorsi politici prendono forza, auguriamo a tutte un
buon anno di lotta!
E per chi ha paura delle femministe e delle lesbiche, nessuna pietà.

Assemblea femminista di via dei volsci 22
Luna e le Altre
Martedì autogestito da femministe e lesbiche

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Consigli ai lettori

Ultima trasmissione per questo 2007, dedicata a letture ludicoimpegnate che potete spararvi durante queste festose e festanti feste natalizie. Non aspettatevi la serietà e la professionalità di un critico letterario, ma solo buona volontà e noia prefestiva (oltre qualche malanno invernale).  La nostra selezione:

Il mondo senza la mappa, Élisée Reclus ed i geografi anarchici – Federico Ferretti – Edizioni Zero in condotta

L’anarchico e il diavolo fanno cabaret – Norman Nawrocki – Edizioni Il Sirente

Qualche parola spesa sulle ultime pubblicazioni della Beccogiallo

Il mercante di eresie – Andrea Moneti – StampaAlternativa

Causa comune – Philippe Aigrain – StampaAlternativa scaricalo da qui

Tigre – Maurizio Balestra – StampaAlternativa

 

Messa in onda: 22 dicembre 2007

 

Colonna sonora:  Rhythm Activism/Blood&Mud

 

Il sito di Norman Nawrocki – www.nothingness.org/music/rhythm/ 

 

Scarica la puntata da qui 

 

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Ciampino, No Fly

 

 

A Ciampino si respira aria cattiva:
negli ultimi 5 anni il traffico aereo si è triplicato, quasi 5
milioni di persone (dal 2005) passeggiano e si riversano in
quell’aeroporto, c’è un continuo via vai di passeggeri e di
mezzi. Tutto questo ha portato non pochi problemi a chi vive in
quelle zone, sia dal punto di vista ambientale e strettamente
inerente alla salute dei cittadini. Certo è che il problema
della quantità dei voli di Ciampino non fa dormire sonni
tranquilli anche alle varie istituzioni, dai sindaci, agli assessori,
ai vari presidenti. La soluzione al problema potrebbe essere quella
di diminuire il traffico aereo, dai 138 ai 100 voli giornalieri con
conseguente riduzione dei low cost, alla pianificazionecostruzione
di un nuovo scalo laziale che andrebbe a gestire l’allettante
investimento, incrementando non poco i propri bilanci. Sembra che la
città designata sia Viterbo, ma anche Latina e Frosinone
vorrebbero essere protagoniste del gioco. Ma coi tempi italiani, si
dovrebbero aspettare ancora diversi anni prima che si avviino le
pratiche del nuovo scalo, e intanto i cittadini delle zone intorno a
Ciampino vorrebbero una soluzione concreta ai reali problemi di
inquinamento acustico e ambientale. Ma queste soluzioni
risolverebbero il problema? Oppure si tratta dell’ennesimo scempio,
nascosto dietro la vetrina delle “grandi opere”?

 

Basta voli a rotta de-collo 

 

Collabora Andrea dell’Assemblea Permanente No Fly

 

Messa in onda: 15 dicembre 2007

 

Colonna sonora: Mockba/Cheap Vodka

 

Siti utili:

www.no-fly.info 

www.pattomutuosoccorso.org

 

Scarica la trasmissione da qui 

 

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Condannati i 25 manifestanti

da supportolegale

 

La sentenza del processo contro 25 manifestanti per gli scontri
avvenuti durante le proteste contro il g8 a Genova, ha deciso qual è il
prezzo che si deve pagare per esprimere le proprie idee e per opporsi
allo stato di cose presenti: 110 anni di carcere. Il tribunale del
presidente Devoto e dei giudici a latere Gatti e Realini, non ha avuto
il coraggio di opporsi alla feroce ricostruzione della storia
collettiva ad uso del potere che i pm Andrea Canciani e Anna Canepa gli
ha richiesto di avvallare.
Anzi, ha fatto di peggio. Ha scelto di sentenziare che c’è un modo
buono per esprimere il proprio dissenso e un modo cattivo, che ci sono
forme compatibili di protesta e forme che vanno punite alla stregua di
un reato di guerra.
Per completare l’opera ha anche fornito una consolazione a fine
processo per i difensori e gli "onesti cittadini", chiedendo la
trasmissione degli atti per le false testimonianze di due carabinieri e
due poliziotti, un contentino con cui non si allevia il peso della
sentenza e il cui senso di carità a noi non interessa.

Il tribunale di Genova ha scelto di assecondare tutte quelle forze
politiche, tutti quei benpensanti, tutti quegli avvocati, che –
coscientemente – speravano che pochi, ancora meno dei 25 imputati,
fossero condannati per poter tirare un sospiro di sollievo, per poter
sapere dove puntare il proprio dito grondante morale e coscienza
sporca. L’uso del reato di devastazione e saccheggio per condannare
fatti avvenuti durante una manifestazione politica apre la strada a
un’operazione pericolosa, che vorrebbe vedere le persone supine alle
scelte di chi governa, inermi di fronte ai soprusi quotidiani di un
sistema in piena emergenza democratica, prima ancora che economica.
Nessuno di coloro che era a Genova nel 2001 e che ha costruito carriere
sulle parole d’ordine di Genova, salvo poi tradirle con ogni voto e
mezzo necessario, ha voluto schierarsi contro questa operazione assurda
e strumentale: nessuno, o quasi, in tutto l’arco del centro sinistra al
governo ha saputo dire che a Genova, tra coloro i quali oggi sono stati
condannati ad anni di galera, avrebbe dovuto esserci tutti quanti hanno
partecipato a quelle giornate.

La stessa cosa è stata portata avanti anche da molti dei movimenti,
e molte delle persone che hanno cercato di sabotare i contenuti della
manifestazione che solo tre settimane fa, il 17 novembre, ha riempito
le strade di Genova: hanno voluto annebbiare le persone su chi fossero
coloro che si battevano per un modello di vita e di società diverso, e
chi difendeva il modello che viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni;
hanno voluto confondere le acque, forse perché anche la loro dignità è
confusa. E allora decine di comunicati sulle possibili Commissioni
Parlamentari, sulla Verità e sulla Giustizia, e troppe poche parole su
25 persone che stavano avviandosi a diventare capri espiatori di un
potere che ha avuto paura.
Genova però non si cancella con il revisionismo a mezzo procura, né con
le pelose scelte di comodo e gli scheletri nascosti negli armadi. Le
80.000 persone che lo scorso 17 novembre hanno sfilato per le vie di
Genova, non chiedevano una Commissione Parlamentare, bensì che 25
persone non diventassero il paravento dietro cui seppellire un
passaggio storico scomodo, che ha messo in discussione l’attuale
sistema di vita e di società. Siamo convinti che quelle 80.000 persone
ci ascoltano e non permetteranno a un’aula di tribunale di espropriare
la propria memoria e devastare le vite di 24 persone.
A maggior ragione oggi, con una sentenza che cerca di schiacciarci e
farci vergognare di quello che siamo stati e quello che abbiamo
vissuto, di dipingere quei momenti di rivolta a tinte fosche anziché
con la luce e la dignità che meriterebbero i momenti più genuini che
esprimono la volontà popolare, noi diciamo che non ripudieremo nulla,
che non chiederemo scusa di nulla, perché non c’è nulla di cui ci
pentiamo o di cui sentiamo di dover parlare in termini diversi che del
momento più alto della nostra vita politica.

Noi pensiamo che tutti coloro che erano a Genova dovrebbero gridare:
in ogni caso nessun rimorso. Nessun rimorso per le strade occupate
dalla rivolta, nessun rimorso per il terrore dei grandi asserragliati
nella zona rossa, nessun rimorso per le barricate, per le vetrine
spaccate, per le protezioni di gommapiuma, per gli scudi di plexiglas,
per i vestiti neri, per le mani bianche, per le danze pink, nessun
rimorso per la determinazione con cui abbiamo messo in discussione il
potere per alcuni giorni.
Lo abbiamo detto il giorno dopo Genova, e in tutti questi anni: la
memoria è un ingranaggio collettivo che non può essere sabotato. E per
tutto quello che Genova è stata e ha significato noi non proveremo
nessun rimorso. Oggi, come ieri e domani, ripeteremo ancora che la
Storia siamo Noi. Oggi, come ieri e domani, diremo di nuovo: in ogni
caso nessun rimorso.

SUPPORTOLEGALE
info@supportolegale.org

 

 

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12 dicembre, dalla strategia della tensione alla strategia della paura

Milano,
12 dicembre 1969: una bomba esplode nell’atrio della Banca
dell’Agricoltura, in Piazza Fontana. Sono le ore 16.37. I morti sono
16, i feriti 87. Dal 1969 al 1980 in Italia ci sono state una lunga
serie di stragi, bombe assassine contro innocenti inermi. Troppo spesso
rimaste impunite. È stata chiamata “la strategia della tensione”. In
una situazione di grave crisi, le bombe servirono alle classi al potere
per far montare il terrore nella società e poi sull’onda emotiva del
sentimento popolare applicare politiche di reazione e intransigenza.
All’epoca, vollero ricondurre al silenzio e al giogo il movimento
operaio, le classi popolari, la sinistra extraparlamentare, i movimenti
di emancipazione e gli studenti in lotta, garantire profitti sempre più
remunerativi al padronato, consolidare i poteri più repressivi dello
stato (polizia e carabinieri in testa), distogliere l’attenzione della
gente dai problemi economici e sociali dell’epoca. 12 dicembre 2007:
oggi la disoccupazione, il precariato diffuso, lo sfruttamento sempre
più intenso, la mancanza di garanzie minime a tutela della salute,
l’assenza di opportunità, la negazione di diritti primari come la casa,
le disuguaglianze estreme, il malfunzionamento delle politiche sociali
troppo spesso intralciate da clientelismo e da necessità elettorali,
aggravano le contraddizioni sociali creando disagio, paura, egoismo.
Contraddizioni acuite ancor più dal passaggio storico che l’Italia sta
affrontando, il passaggio ad una società multiculturale. In migliaia
arrivano portando con sé la propria cultura e i propri costumi, spesso
la propria disperazione che a volte si scontra con il disagio già
presente tra gli abitanti di questo paese, alimentando una guerra fra
poveri fatta di razzismo e xenofobia. Ed è in questo quadro che si
moltiplicano le azioni violente e intimidatorie di gruppi neofascisti
che godono di larghe coperture istituzionali. Il Terrore, conseguito a
suon di bombe ai tempi delle Stragi di Stato, oggi si incute attraverso
l’urlo dei media sui reati compiuti dagli immigrati. “Immigrati uguale
assassini”, questo è il ritornello martellante di giornali e tivù.
Impossibile non vedere oggi nel “pacchetto sicurezza” un ulteriore
passo avanti in questa nuova “strategia della tensione”: creare nuovi
capri espiatori per nascondere i veri problemi economici e sociali di
oggi. I provvedimenti del “pacchetto sicurezza” preparano la strada ad
una progressiva criminalizzazione della società e del dissenso, una
“strategia della paura” intollerabile che comincia a costare troppe
vite innocenti e giustifica continui abusi di potere. Oggi occorre
invece affermare un’altra idea di sicurezza: quella di una vita
dignitosa, di un lavoro senza sfruttamento e precarietà, di un salario
equo, di servizi pubblici efficienti e aperti a tutti, del diritto allo
studio, alla casa e alla salute. La sicurezza di poter sviluppare
liberamente le proprie capacità e personalità. La sicurezza di essere
rispettate e rispettati in quanto individui.

 

Si terrano varie iniziative in tutta Italia il 12 dicembre, tra le altre Roma, Bergamo, Brescia, Bologna. Per ulteriori info: www.ecn.org/antifa un qui documento di preparazione alla giornata del 12 dicembre.

 

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Verità sulla ThyssenKrupp

 

 

Roberto Scola, Angelo Laurino, Antonio
Schiavone
. Tre nomi di altrettanti che purtroppo hanno perso la vita
in quella che si potrebbe definire una vera e propria guerra sociale:
gli infortuni sul lavoro. Solamente la tragicità dell’evento e
la sua brutalità hanno donato il favore mediatico nei
confronti di questa ennesima strage sui luoghi di lavoro. La macchina
culturale torinese si è bloccata, ma sotto sotto già
scalpita per tornare a produrre, produrre, produrre, nessuno la può
fermare.

In queste ore tragiche sono morte altre
due persone, aggiungendosi alle numerose altre del conto annuale del
modello fabbrica: produci, compra, crepa. Ma questo calore mediatico
quando durerà? Arriverà perlomeno alle vicine feste
natalizie, o dal prossimo weekend il treno del consumismo natalizio
farà dimenticare tutto, perchè in fondo i regali bisogna
pur farli e tutti siamo più buoni. La tragedia di Colleferro,
che è avvenuta due mesi fa, il 9 ottobre, non viene neanche
più nominata, considerando anche che non si sa ancora come possa accadere che una persona possa morire costruendo nello sviluppato
occidente armi letali.

Pensiamo che molto presto, quando
magari le condizioni dei superstiti di questa tragedia saranno più
stabili, il velo dell’informazione sistemica tornerà a coprire
il dolore e la tristezza, lasciando le vittime e i loro familiari
soli. Ascoltando Radio Popolare, abbiamo sentito una interessante
indagine: dal 9 ottobre giorno della tragedia a Colleferro, alla sua
scomparsa dalle “veline” dalle agenzie di stampa, sono passate
neanche due settimane. E questa nuova tragedia, quando durerà,
una settimana, due o magari un mese? In fondo il carrozzone
dell’informazione presto dovrà tirare le somme sulla ennesima
deludente stagione natalizia (in quanto a vendite) e sul pericolo dei
“mortaretti” per l’ennesimo capodanno passato ad alcool, droga e
“scopparelle”.

Ma una cosa sta passando inosservata,
chi diamine è la ThyssenKrupp? A Torino uno stabilimento
fatiscente e in via di chiusura lavorava per portare a termine una
“grossa commessa” che l’acciaieria di Terni, sulla quale la
multinazionale ha investito per il futuro, non riusciva a coprire nei
tempi stabiliti; in barba alla sicurezza e alla salute dei lavoratori
che se poi finiscono sotto una colata di metallo fuso o se diventano
torce umane, poco importa. Quindi nella “città dell’Acciaio”
ternana la multinazionale avrà una vita lunga e prosperosa. Ma
forse pochi si ricordano che proprio la citta umbra alcuni anni fa è
salita sui riflettori del grande schermo per un fatto agghiacciante e
problematico: la città dell’Acciaio stava per rimanere senza
acciaieria
. Sembrerà uno scherzo, ma solamente nel 2004 si
parlava di ridimensionamento della fabbrica (che poi in parte c’è
stato), con scioperi di massa in una città che è
praticamente nata intorno al polo industriale dell’acciaio. La
situazione a Terni sembra tranquilla per i lavoratori, ma visti i
mezzi e i metodi della ThyssenKrupp, non è che ci sarebbe da
preoccuparsi anche per questa altra azienda?

In effetti la ThyssenKrupp non è
che sia un nome che dia fiducia. Basti pensare la famiglia “padrona”
del marchio (i famigerati Krupp tedeschi) hanno caratterizzato in
vari modi la storia del secolo trascorso della Germania, ma anche
dell’Europa stessa. Praticamente costruttori di armi dalla loro
nascita sono stati prima fautori del sogno di potenza mondiale
prussiano; poi sotto l’embrago internazionale del sopo guerra
costruttori di armi per la nascita di un nuovo reich, quello
hitleriano per intenderci; grandi sostenitori della follia nazista; e
dagli anni cinquanta tornano a produrre e vendere armi in barba al
loro passato e alle loro “amicizie” scomode. La storia recente
dell’assimilazione della Thyssen e della politica globalizzata sono
tutte recenti e le vediamo nei fatti nella tragedia torinese.

Ci rimangono seri dubbi sulle manovre
che hanno portato ad esempio alla vendita di un’acciaieria
semi-statale come quella ternana, a una realtà del genere. Ci
rimangono seri dubbi sulla posizione della CGL, CISL, UIL nei
confronti della situazione degli impianti e dell’azienda torinese.
L’unica conclusione che si può trarre è che altre tre
persone (per il momento) si aggiungono alla lunga lista dei morti sul
lavoro, morti che molto spesso rimangono velati dietro questioni
fondamentali come le morti del sabato sera, gli omicidi familiari,
gli immigrati delinquenziali. Ma ovviamente un paese venduto al Dio
progresso deve mascherare in qualche modo le vittime per oliare
l’ingranaggio, altrimenti si rischia il blocco della macchina e
magari la gente si potrebbe rendere conto che è veramente
ABOMINEVOLE dover morire per un tozzo di pane.

 

In solidarietà di tutte le
vittime del lavoro!

 

 

 

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Vicenza e Antimilitarismo

 

 


15 dicembre 2007 sarà un giorno importanti per svariati
motivi. Sarà infatti la giornata centrale della tre giorni che
il popolo vicentino contro il Dal Molin ha organizzato a livello
europeo; servirà per ribadire che là, in quella zona,
quella base non la vuole proprio nessuno, che non vogliono nuovamente
consegnare ai militari USA un pezzo del loro terreno e della loro
storia, e poi tornare un po’ alla ribalta mediatica dopo mesi di
relativo silenzio da parte del mainstream. Ma l’occasione è
ancora una volta quella di scendere in piazza e scandire slogan
contro le servitù militari, contro la politica militarista di
questo governo che finanzia con la sua logica di guerra paesi che
“esportano democrazia”. I Paesi del famoso g8 sono i primi che
esportano armi con mezzi non del tutto legali in quelle zone
considerate a rischio, fragili dal punto di vista economico e
sociali, incrementando conflitti che si ripercuotono sulla inerme
popolazione. Nel nostro paese esistono oltre 120 basi militari
ufficiali e oltre 20 basi segrete, di cui i cittadini si accollano
quasi il 40% delle spese, pagate di tasca propria. Significa che,
nonostante le belle parole di “missione di pace” o “aiuti
umanitari”, il nostro paese continua a essere partecipe degli
scempi che si compiono nel mondo.

 

Collabora Marco del Presidio Permanente No Dal Molin

 

Messa in onda: 8 dicembre 2007

 

Collona sonora: The Hormonauts/Hormone airlines

 

Siti e blog utili:

www.altravicenza.it

www.altravicenza.org

presidiopermanente.noblogs.org

il-boccale-di-vicenza.noblogs.org

www.warnews.it

www.controlarms.org

www.disarmiamoli.it

www.amnesty.it

 


Scarica la trasmissione da qui 

 

 

 

 

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Il WiMaX è MORTO

Dopo le utlime vicende politiche riguardanti la "stella cadente" wi-max si può veramente parlare di morte ancora prima della nascita. I soliti noti delle telecomunicazioni si "ruberanno" le licenze, affossando definitivamente la tecnologia che poteva dare veramente una svolta sia per quanto riguarda il digital divide sia per quanto riguarda la mobilità e la connettibilità di noi poveri ebeti che ancora non scendiamo in piazza a fare rivoluzione. Tutto questo nel frattempo che in Spagna proprio il governo punta e investe su una tecnologia così democratica e rivoluzionaria, e perfino il governo in India fa passi in tal senso. Ringraziamo sentitamente i nostri cari politicanti per averci rifilato questa ennessima "cortellata" alle spalle e per mantenerci ad uno stato costante di regresso sociale e tecnologico. In rete si parla già di comprarsi le proprie antenne wi-max, installarsele e costruire una reta tra i vari nodi "illegali" che si andrebbero a costituire. Forse l’unica soluzione per vedere questa tecnologia applicata potrebbe essee questa, in barba a questo stato ancestrale.

Ma per farvi due risate, sperando che una risata li seppellirà, vi includiamo questo simpatico articolo che decreta la morte del nostro caro scomparso (sarebbe più giusto parlare di mai nato) wi-max. AmeN, porca Madonna.

 

Da Oceani Digitali 

Dopo lunga e penosa malattia, è mancato
all’affetto dei suoi cari il Wi-MAX,
tecnologia innovativa che avrebbe dovuto permettere la connessione
wireless dei PC di case ed uffici con punti di accesso distanti fino
a 60 km.

Ne danno il
triste annuncio
il Ministero
delle Comunicazioni
e l’Autorità
per le Garanzie nelle Comunicazioni
.

Come si ricorderà, il Wi-MAX era da lungo
tempo affetto da oligopolosi
cronica
ed è stato infine stroncato, nella tarda serata di
ieri, da un pesante attacco di clientelismo
che non gli ha lasciato scampo.

L’accettazione della logica
delle aste
per l’assegnazione delle frequenze, insieme ad una
durata delle licenze di 15 anni (rinnovabili), ha purtroppo
confermato le peggiori previsioni degli specialisti. Il Wi-MAX è
morto prima ancora di nascere, stroncato dal peso degli incumbent,
come era già successo alle tecnologie UMTS.

Si spengono in questo modo le speranze di tutti
coloro che avevano guardato a questa tecnologia come ad una possibile
soluzione per portare la connettività Internet a banda larga
nel
paese reale, cioè lontano da grandi aziende e
ministeri, tra la gente che avrebbe
veramente potuto farne un
uso proficuo.

La data dei funerali non è ancora stata
stabilita. Si dovrà infatti aspettare l’apertura delle aste e
l’assegnazione delle frequenze alle solite aziende in posizione
dominante sul mercato. Non appena queste aziende avranno provveduto
ad impossessarsi delle frequenze, ed a metterle in un cassetto per
proteggere i loro precedenti investimenti in licenze UMTS, verrà
decisa la data dei funerali.

Il Wi-MAX verrà sepolto al Cimitero
Acattolico di Roma
a fianco di molti altri sfortunati paladini
della Libertà
e della Democrazia,
da Antonio Gramsci
a Antonio
Labriola
e Bruno
Pontecorvo
.

 

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About WomeN

 

 

Violenza sulle donne? Questione di
ordine pubblico! Sembra questa la risposta e la politica portata
avanti nell’ultimo periodo dalle istituzioni, nei confronti di una
tematica tanto importante quanto delicata. Si è parlato di
“pacchetto sicurezza” contro coloro che stuprano, violentano le
“nostre donne”, italiane sopraffatte dall’uomo nero, povero ed
extracomunitario. Tanto non ci potrebbe essere più come luogo
comune dal fatto che il problema provenga dall’esterno, dall’altro,
dallo straniero. I dati messi in giro dall’Istat, nell’ultimo
periodo, ci parlano di violenze e abusi consumati nelle mura
domestiche, da parte di uomini che forse non riescono ad accettare
l’indipendenza, l’autonomia e la libertà del “sesso debole”.
La preoccupazione cresce perché queste tematiche, sempre meno
affrontate a livello dei media mainstream, si annidano e si
confondono subdolamente nella nostra cultura misogina e maschilista
che difficilmente accetta e sempre di più tenta di colpire e
punire.

 

Messa in onda: 1 dicembre 2007

 

Colonna sonora: Keny Arkana/Entre Ciment et Belle Etoile

 

Riguardo alle discussioni sul separatismo leggi qui 

 

Scarica la puntata da qui 

 

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